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Uno studio multidisciplinare condotto da Aditus in Rupe in collaborazione con la Soprintendenza ai Beni Culturali ed ambientali di Siracusa e patrocinato dal sistema Rete Museale Iblei, che ha permesso di ampliare il panorama funerario della Sicilia sud-orientale nonchè di fornire nuovi dati sulle interazioni tra mondo indigeno ed elemento greco negli Iblei.

Prossima uscita: “INTERAZIONI TRA INDIGENI E GRECI NELLA SICILIA SUD-ORIENTALE DI ETA CLASSICA. LA NECROPOLI DI CONTRADA ARCO E IL SEPOLCRO DI ARISTOMONES” – Antonino Cannata, Alfredo Sansone, Luca Aprile, Eduardo Arioti, Paolo Uccello in Archeologia Classica LXXIII 2022 | L’Erma di Bretschneider.

L’associazione promuove il dialogo e la collaborazione con scrittori e studiosi attraverso l’organizzazione di eventi e incontri finalizzati alla promozione di prodotti editoriali.
La presentazione di un libro è l’occasione per raccontare tutto quello che si trova intorno e dentro il libro: se stessi, l’idea, la realizzazione e il viaggio fino alla pubblicazione. Essa fornisce una opportunità più originale e coinvolgente di conoscenza e di dibattito su tematiche ampie e varie e consente di rinnovare costantemente l’offerta culturale sul territorio.
L’obiettivo principale è quello di promuovere il prodotto editoriale e portare all’attenzione del pubblico gli argomenti contenuti nel libro attraverso conversazioni, interviste e letture con lo scrittore.
Attorno all’opera editoriale e al racconto dell’autore può anche essere strutturato un evento più ricco che attraverso l’intervento di più esperti sia in grado di favorire il confronto, l’analisi e il dibattito fra tutti i presenti.

Il mondo del Patrimonio culturale costituisce una realtà multisfaccettata e in continua evoluzione.

Consapevoli del progresso tecnologico e scientifico che ha investito anche il settore dei beni culturali e dell’esigenza di comunicare un messaggio corretto ed efficace di tale realtà,  proponiamo seminari e attività di formazione e aggiornamento, attraverso corsi strutturati per vari livelli di approfondimento, sui temi dell’archeologia, della geologia e delle scienze naturali, nonché della ricerca scientifica (metodi, finalità, obiettivi) e tecnologica (metodologie, strumenti, finalità) ad essi legata.

  • Corsi di formazione in Archeologia, dalla Preistoria al Medioevo: paesaggi, siti, materiali, insediamenti, architetture e iconografie;
  • Corsi di Storia del Territorio, dall’antichità ai nostri giorni: geografia e geomorfologia degli Iblei; storia religiosa, culti e Cristianesimo; studi demo-etno-antropologici e tradizioni popolari; storia culturale e sociale del mondo rurale;
  • Percorsi di Educazione ambientale alla scoperta del patrimonio naturale, geologico, botanico, zoologico e della biodiversità degli Iblei;
  • Progetti di Educazione alimentare e di salute psico-fisica: fitoalimurgia, piante mediche e curative, percorsi di benessere nei siti naturalistici del territorio ibleo;
  • Tecnologie applicate al patrimonio culturale: rilievo 3D, fotogrammetria, remote sensing, etc.;
  • Patrimonio culturale e territorio: strategie per la valorizzazione, la promozione e la comunicazione attraverso i social media.

‘Archeo-Tour’ dalla durata di mezza o intera giornata alla scoperta delle bellezze paesaggistiche e archeologico-monumentali della Sicilia sud-orientale.

Le nostre destinazioni variano in base alle esigenze dei partecipanti: durante il periodo estivo proponiamo visite alla scoperta degli ambienti acquatici degli Iblei, come la Valle dell’Anapo, nonché le straordinarie spiagge del siracusano, mentre durante gli altri periodi dell’anno organizziamo passeggiate e trekking tra archeologia e natura, visitando i numerosi siti archeologico-naturalistici dell’altopiano ibleo.

Una delle finalità è quella di condividere insieme i bellissimi paesaggi che un territorio così variegato offre, passeggiando all’aria aperta alla scoperta di storie e segreti della natura, di tradizionimiti e culture legati a luoghi ancora oggi pressoché sconosciuti.

Il tutto accompagnati dai membri di Aditus in rupe, che avvalendosi della propria esperienza di studio, arricchiranno le passeggiate con racconti, leggende, curiosità e spiegazioni che vanno dall’archeologia alla botanica, dalla geologia alla zoologia.

Una vera e propria lezione a cielo aperto sulla scia degli odori e dei sapori dello splendido territorio ibleo!

La complessa storia naturale e antropica degli Iblei ha profondamente influenzato i popolamenti vegetali e animali, creando ecosistemi eterogenei embricati, con estese fasce ecotonali. L’innalzamento plio-pleistocenico del tavolato ibleo e il fenomeno carsico hanno determinato l’escavazione di profonde gole “Cave” che risultano contenere una notevole varietà di ecosistemi; anche per questa ragione, gli Iblei detengono una notevole ricchezza floristica ed un elevato grado di endemismo. Si sottolinea inoltre la presenza di due specie illustri, ovvero gli insettivori Suncus etruscus o Mustiolo e la Crocidura sicula (specie esclusiva della Sicilia) entrambe segnalate nella lista rossa dell’IUCN quali specie vulnerabili, corroborando l’alto valore naturalistico degli iblei. Inoltre la Crocidura sicula risulta essere l’unica specie ad essere arrivata fino ai giorni nostri a partire dall’iniziale popolamento Plio-Pleistocenico.

Milioni di anni per plasmare un territorio...

Dal punto di vista geologico i Monti Iblei sono costituiti da espandimenti vulcanici sottomarini formatisi circa 24 milioni di anni fa e da potenti banchine calcaree di età compresa tra il Cretaceo e il Quaternario, in forma di tavolati e ripiani. Tra il settore occidentale e orientale del complesso montuoso i caratteri litologici mostrano una diversa evoluzione delle serie sedimentarie che corrispondono ad un mutamento nelle caratteristiche paleo-ambientali marine; ad est ambiente di mare poco profondo, ad ovest un ambiente pelagico cioè di mare aperto e maggiore profondità. Queste differenze paleo-ambientali sono testimoniate dalle relative formazioni che si ritrovano nell’area, in particolare ad occidente si ritrova la formazione Ragusa (successione marnoso calcarenitica) a cui seguono stratigraficamente le marne della Formazione Tellaro che passano superiormente ai calcari della formazione Palazzolo; mentre ad oriente è presente la Formazione Climiti suddivisa in Membro Melilli (calcareniti e calcilutiti biancastre, pulvirulente a microfaune) e Membro dei Calcari di Siracusa (calcareniti e calciruditi con resti di alghe, coralli coloniali e bivalvi).

Gli iblei affascinano il visitatore anche per il loro aspetto morfologico che appare strettamente influenzato non solo dall’assetto tettonico ma anche dall’azione modellatrice degli agenti morfogenetici (acqua, vento, gelo, tettonica, ecc.). Infatti oltre a presentare una struttura tabulare, l’elemento morfologico tipico dei Monti Iblei è la Forra (denominata localmente “Cava”), valle fluviale stretta costituita da ripide scarpate e rupi molto simili per la loro morfologia ai “canyon” del Nord-America, la cui forma varia in funzione della litologia. Nelle litologie più marnose (Tellaro e Ragusa) corrispondono forme più “svasate” o a “V”, mentre nei termini più carbonatici ( Monti Climiti e Palazzolo) si ritrovano valli a pareti sub-verticali.

Tali morfologie assumono il massimo sviluppo nella Formazione dei Monti Climiti con strutture sia superficiali che profonde.

Il complesso-montuoso collinare ibleo, che forma la cuspide sud-orientale della Sicilia, costituisce una spettacolare cornice dove la natura incontaminata e le millenarie tracce della presenza umana si integrano perfettamente. Si tratta di un territorio ricchissimo di testimonianze archeologiche che coprono un arco cronologico lunghissimo, compreso tra il Paleolitico superiore e l’età moderna. Proprio in questa regione si colloca il più antico tra i rifugi preistorici siciliani ad oggi conosciuti, il riparo sotto roccia della Fontana Nuova, presso Marina di Ragusa, databile tra 30.000 e 40.000 anni fa, sulla base dello studio tipologico dei manufatti venuti alla luce, realizzati ricorrendo a due varietà di selce, una locale e l’altra proveniente, incredibilmente, da una fonte lontana circa 100 km, ubicata nei pressi di Monte Iudica. Diversi millenni dopo, al tempo della fine dell’ultima glaciazione, tra 15.000 e 10.000 anni fa, gli insediamenti si moltiplicano.

Dalla grotta Giovanna, nel siracusano, provengono i maggiori esemplari siciliani di arte paleolitica mobiliare: ben 71 pietre incise con raffigurazioni astratte e 5 con immagini zoomorfe, tra cui quella di un bovide, a testimonianza di come grotte e ripari fossero non solo abitazioni, ma anche luoghi di rilevanza cultuale.

In Sicilia Sud-Orientale sembra svilupparsi anche la prima vera cultura agricola del Neolitico siciliano, quella di Stentinello, che prende il nome dal villaggio presso Siracusa, scoperto da Orsi nel 1890. Il villaggio capannicolo costiero, trincerato, circondato da uno o più fossati concentrici, profondi fino a 5 mm e rafforzati da un aggere di pietra è ora la forma di insediamento privilegiata.  Dal Neolitico, inoltre, l’area iblea fu inserita in complessi reti di scambio commerciale, grazie agli abbondanti depositi di selce, materia prima di fondamentale importanza per gli strumenti del tempo, accanto all’ossidiana delle Eolie. Utilizzato a partire dalla Tarda età del Rame se non prima, è lo straordinario ipogeo di Calaforno, una vera e propria catacomba con 35 camere comunicanti scavate nella roccia e 3 ambienti maggiori. Strettamente legata al mondo Ibleo e alle sue cave, è la cultura castellucciana del Bronzo Antico, che prende il nome dal sito eponimo ubicato presso la cava della Signora (Noto, SR). I profondi canyon che attraversano gli altopiani, ricchi di acqua, vegetazione, fauna e dotati di un microclima fresco, rappresentavano la sede ideale per lo stanziamento di villaggi autosufficienti. Il segno più evidente di questi insediamenti è rappresentato dalle innumerevoli necropoli di tombe a grotticella artificiale, scavate nella roccia su basse balze verticali. Una certa differenziazione sociale è indicata dalle tombe che si distinguono per la presenza di prospetti monumentali esterni, con semipilastri o veri e propri pilastri intagliati. Simboli di status erano anche le note lastre tombali di chiusura, decorate in bassorilievo con motivi a spirale, talvolta in associazione ad elementi fallici.

 

Un periodo turbolento si abbatté sull’isola al passaggio tra le Media e la Tarda Età del Bronzo, nel XIII sec. Sopravvivono solo alcuni dei floridi villaggi costieri che nell’età precedente erano stati in grado di stabilire intensi contatti commerciali con le genti micenee, tra cui Thapsos, sulla penisola Magnisi. Nello stesso tempo si realizza un arretramento verso l’interno e una concentrazione demografica in siti d’altura, arroccati e facilmente difendibili.

Il più importante della regione è Pantalica sorto alla confluenza tra i fiumi Anapo e Calcinara, su uno sperone roccioso circondato da pareti scoscese, traforate da oltre 5000 tombe a grotticella.

Intorno alla metà del XI secolo, si verifica un chiaro mutamento etnico e culturale. Anche questa regione, come già da tempo le Eolie e la Sicilia settentrionale, entra nell’orbita di una cultura di origine peninsulare che si può mettere in relazione ai Siculi di cui ci parla Tucidide. Pantalica comincia a recepire elementi di influenza esterna, mentre altri centri entrano pienamente nell’ambito della nuova cultura sicula come Cassibile, insediamento ubicato in posizione arroccata, a dominare la Cava Grande.

Pantalica, tuttavia, continua a resistere e a mantenere una propria identità culturale a lungo e solo intorno alla metà del IX secolo, mentre sorgono nuovi centri, come Monte Finocchito, cade completamente sotto l’influenza sicula.

Ciò non ne determinò il declino, tanto che il suo dominio sul territorio circostante continuò almeno fino al VII secolo, quando dovette soccombere alla soverchiante potenza militare di Siracusa. Forse proprio a Pantalica aveva sede l’Iblone di cui narra Tucidide, il re dei siculi che, impietositosi per le traversie dei coloni giunti da Megara di Grecia, gli concesse le terre per fondare Megara che, in segno di gratitudine, assunse l’appellativo Iblea.

La storia degli Iblei è strettamente legata a quella di Siracusa, dal momento della sua fondazione, ad opera di coloni corinzi, nel 733 a.C. La potenziale minaccia rappresentata dai centri siculi più a oriente degli Iblei, Pantalica a Nord e Monte Finocchito a Sud, porta Siracusa a fondare tre sub-colonie tra VII e inizi VI secolo a.C.: Acre (663) Casmene (643) e Camarina (598), così da creare una sorta di barriera da mare a mare. Parallelamente a questi paesaggi urbani, nelle campagne iblee inizia a delinearsi un paeasaggio rurale, il quale sulla base dei pochi dati archeologici, si caratterizzava per la presenza di fattorie e piccoli villaggi con vocazioni agricole e specializzati nella produzione del vino e dell’olio. 

Per quanto riguarda il periodo repubblicano e primo imperiale, le ricerche archeologiche effettuate negli iblei rivelano la presenza di piccoli agglomerati rurali. Una delle testimonianze più importanti è rappresentata dalla fattoria tardo-ellenistica e repubblicana di c.da Aguglia (Palazzolo Acreide, SR).

Recentemente, una quindicina di tombe a fossa localizzate nel sito archeologico di c.da Cugno Case Vecchie (Noto, SR), scavate nella roccia, risultano assimilabili a tipologie attestate in età ellenistica e repubblicana. La carenza di dati e informazioni relative a questo periodo, tuttavia, non permette sicuramente una corretta ricostruzione delle dinamiche insediative che interessarono questo lembo di territorio.

Il paesaggio archeologico degli Iblei dalla Tarda Antichità (secc. III-V) all’età bizantina (secc. VI-IX) è ricco e assai articolato e, insieme alle fasi preistoriche, ben identificabile e dai connotati peculiari e distintivi. Attraverso le fonti cartografiche è possibile conoscere e ricostruire alcune importanti arterie viarie, quali la Via per maritima loca, che dall’attuale territorio costiero ragusano arrivava a Siracusa per Eloro, o la Via acrense, più interna, che andava da Ragusa ad Akrai e da qui a Siracusa, suddividendo l’altopiano ibleo in due settori, meridionale e settentrionale. Abbandonando, quindi, l’antica idea del declino economico e sociale dei siti alla fine dell’età classica si assiste, al contrario, a una grande vitalità sia dei centri urbani che delle campagne, confermata dalle abbondanti e diffuse testimonianze archeologiche e monumentali.

Il paesaggio funerario è quello, oggi maggiormente percepito dai visitatori dei siti iblei: la natura geomorfologica del territorio, costituita da calcari facilmente modellabili, ha permesso la realizzazione di tanti ipogei (lett. dal greco: «sotto terra») a destinazione sepolcrale, il più delle volte frutto del riuso di tombe di età preistorica, trasformate e caratterizzate da nuove architetture. E così il territorio rurale è costellato da centinaia di tombe: loculi, arcosoli, sarcofagi e tombe “a baldacchino” (lat. tegurium), con soluzioni architettoniche spesso elaborate e raffinate, che non hanno nulla da invidiare alle grandi catacombe dei centri urbani di Siracusa o del Ragusano. Dalle piccole catacombe di Manomozza o di Riuzzo a Priolo Gargallo a quelle dell’attuale territorio fra Canicattini Bagni e Noto, come Cozzo Guardiole, San Giovannello, Santolìo e Stallaìni; dalle catacombe di San Martino a Ferla a quelle dell’Intagliata e dell’Intagliatella nel parco archeologico di Palazzolo Acreide o alle tantissime sepolture, in piccoli nuclei, delle cave iblee o della valle dell’Anapo; o ancora, da quelle di Cava Ispica o della Grotta delle Trabacche, nell’attuale territorio ragusano, di Ispica e Modica. Il territorio rurale, popolato da genti ormai cristianizzate, ha anche i suoi centri di culto, anch’essi scavati nel calcare: punti di riferimento delle comunità e luoghi sacri la cui vita continua per secoli, anche dopo l’abbandono degli abitati di riferimento, per tutto il millennio medievale. Imitando nella roccia, per quanto fosse possibile, elementi architettonici del costruito, si sfruttano le tante grotte del territorio, in una suggestiva dimensione simbolica e spirituale. Dalle tante chiese rupestri di Lentini, come quelle di S. Lucia, di S. Margherita o dei SS. Alfio, Cirino e Filadelfo, alle grotte di S. Nicola a Buccheri e di S. Pietro a Buscemi; da quella di S. Sofia a Ferla alle chiesette di S. Nicolicchio, S. Micidiario e del Crocifisso nell’imponente contesto di Pantalica; dalle chiese del territorio fra Canicattini, Palazzolo e Noto come, ad esempio, Bibbinello, S. Marco, S. Lucia di Mendola e S. Maria, ai piccoli oratori come quello di Pianette o di Petracca, quest’ultimo trasformato in battistero rupestre, o ai tanti piccoli eremi annidati fra gli anfratti rocciosi.

Le evanescenti pitture all’interno di esse confermano la secolare devozione delle genti che si riunivano in preghiera in questi luoghi. Le pareti delle chiese rupestri vengono, così, ricoperte da pannelli pittorici che imitano le grandi icone bizantine e ne continuano il caratteristico stile, poiché spesso giungono a noi le tracce dipinte più tarde dal punto di vista cronologico, a volte frutto di ridipinture o di restauri, databili fino al tardo Medioevo o alla prima età moderna.

Il Pantokràtor, la Madonna con Bambino e i vari santi riflettono, oltre agli stilemi e all’iconografia, sia il grande santorale bizantino che i culti radicati nel territorio da secoli: Lucia, Nicola, Michele e gli Arcangeli, Cosma, Damiano, Elena, Giovanni il Battista e altri santi locali sono, infatti, i soggetti più frequentemente rappresentati.

I segni dei culti e delle religioni rispecchiano una singolare e pacifica coesistenza di fedi: comunità di pagani, di cristiani e di giudei sono unite sia nella vita che nella morte, lasciando tracce del loro passaggio. Iscrizioni vengono graffite sulla roccia o incise sulle lastre tombali, riportando i nomi e i mestieri dei defunti; oppure simboli, come la menorah (il candelabro rituale a sette bracci) dell’ipogeo ebraico di Case Vecchie o della Grotta del Carciofo a Noto, fanno rilevare la presenza di gruppi di Ebrei; laminette metalliche con invocazioni a Cristo e agli Angeli, di protezione del raccolto o di allontanamento degli spiriti maligni, sono fra le più frequenti testimonianze archeologiche del Cristianesimo tardoantico e bizantino o di altri culti eterodossi, sempre vitali e capillarmente inseriti nel territorio. Anche gli insediamenti abitativi e i rispettivi annessi sono molteplici e diffusi: villae, abitati rurali (vici), villaggi, fattorie e impianti produttivi sono sparsi per il territorio, anche se ancora poco studiati. Rispetto alle più famose ville tardo-antiche, spesso associate ai lussuosi mosaici di cui erano provviste, come quella del Tellaro a Noto, o individuabili per i rinvenimenti archeologici, come quella dal territorio di Canicattini dalla quale proviene un famoso tesoro con stoviglie in argento di età bizantina; anche altri modi dell’abitare caratterizzano l’entroterra collinare e delle cave. Basti pensare ai caratteristici ‘ddieri (dall’arabo: «le case»), ovvero abitazioni interamente scavate nelle pareti rocciose, su più livelli, impervie e ricordanti quasi degli alveari, come quelli di Baulì o di Cavagrande del Cassibile; oppure ai tanti villaggi rurali, aperti o fortificati, lungo gli altopiani, le valli dei fiumi e delle cave; o infine ai nuclei abitativi, sempre in roccia, che per agglomerazione daranno vita a importanti centri quali Ispica, Rosolini, Ragusa Ibla, Modica, Scicli. Le abitazioni e le fattorie erano, il più delle volte, dotate di impianti legati alla lavorazione delle olive, dell’uva e del grano, vista la vocazione agricola che ha sempre connotato gli Iblei lungo i millenni. Palmenti rupestri con vasche, frantoi e mulini, sia in grotta che a cielo aperto, sono numerosi e testimoniano le attività laboriose per lo sfruttamento delle risorse naturali. Inoltre, concerie e vasche per la lavorazione e la tintura delle pelli; luoghi per la produzione della cera e del miele, il prodotto degli Iblei più conosciuto e apprezzato nel mondo antico; e, importantissimi per la vita del territorio, acquedotti e canalizzazioni, anch’essi ricavati in roccia, sono ulteriori testimonianze del rapporto fra uomo e ambiente, che va a disegnare il sorprendente paesaggio delle “cave” in un contesto di spettacolare biodiversità, vegetale e animale.

Il sito archeologico di contrada Cugno Case Vecchie è ubicato nel territorio di Noto (SR), nell’ex feudo Alfano, a circa 2,5 km a nord-ovest del moderno centro abitato di Canicattini Bagni (SR).

Esso si caratterizza per la presenza di importanti testimonianze di frequentazione umana che vanno dal Bronzo Antico fino all’epoca contemporanea. Si tratta di un altopiano, posto a circa 380 m s.l.m., circondato da piccoli canyon, all’interno del quale si conservano strutture ipogee, sia funerarie che abitative, che hanno contribuito a rendere straordinario l’impatto paesistico del sito.

La significativa e cospicua disponibilità di risorse naturali e fonti idriche ha incentivato, sin dalla preistoria, lo sfruttamento di questo territorio e lo sviluppo di insediamenti e attività produttive. L’area, già nota agli inizi del XX secolo, fu oggetto di prime, sommarie, descrizioni negli anni ’70, in riferimento a due tombe a forno databili al Bronzo Antico. Solo recentemente, tale territorio è stato oggetto di indagini a carattere topografico. 

IPOGEO EBRAICO

L’analisi delle evidenze sepolcrali ha permesso di cogliere gli indizi di quei fenomeni insediativi e di quei processi sociali e religiosi che, a partire dall’età tardo antica, caratterizzarono in modo sempre più marcato il sito di Cugno Case Vecchie.

In particolare, l’individuazione di una camera sepolcrale con probabile connotazione ebraica rappresenta uno spunto di riflessione sulle interazioni tra ebrei e altri gruppi religiosi in questo territorio.

L’ambiente rupestre, ricavato in una parete del settore sud est del sito, è circondato da numerose tombe a fossa, alcune delle quali probabilmente coeve. Con ingresso rivolto ad ovest, la tomba a pianta irregolare comprende due camerette contigue che hanno subìto numerosi rimaneggiamenti.

All’interno, nelle pareti nord, est e sud, furono ricavati tre arcosoli dei quali si conserva parzialmente solo quello della parete est. Sull’intradosso della volta di questo arcosolio, è stata individuata l’incisione di un candelabro eptalicne stilizzato, del quale si distinguono quattro dei sette bracci originari. Al di sopra della menorah sono presenti ulteriori incisioni di difficile interpretazione per via del cattivo stato di conservazione. Nonostante ciò, alcuni dei simboli incisi sembrano vicini alla rappresentazione stilizzata del corno di montone (shofar), simbolo accessorio scalfito frequentemente accanto i candelabri.

PROGETTO “ARCHEOLOGIA DI UN TERRITORIO”

Il sito di Cugno Case Vecchie prende il nome da un antico casolare, dal dubbio inquadramento cronologico, che sorge a est dell’altura. Al suo interno si conservano un magnifico acquedotto rupestre, numerose necropoli preistoriche (alcune di esse con prospetto monumentale), complessi sepolcrali (tombe a fossa, ad arcosolio, ipogeiche) datati tra l’età ellenistica e tardo antica, nonché chiese e insediamenti rupestri, dotati di strutture produttive.

Il progetto “Archeologia di un territorio” nasce con l’obiettivo di chiarire problematiche significative per l’archeologia del paesaggio dei monti Iblei ed è indirizzato alla sperimentazione di sistemi integrati per la conoscenza e la gestione dei dati.

L’acquisizione di nuove informazioni, l’analisi e la loro interpretazione rimangono le priorità del progetto, sia ai fini della ricerca scientifica nonché della programmazione di attività finalizzate ad inserire il sito in un percorso virtuoso che coinvolga gli enti operanti nel settore dello sviluppo rurale. In linea con il Piano strategico per il turismo 2017-2023, in cui «delocalizzazione» e «destagionalizzazione» rappresentano le sfide principali, il sito di Cugno Case Vecchie si pone come una “destinazione emergente” indirizzata verso una forma di turismo sostenibile che privilegia luoghi minori e aree rurali.

GIS

Il GIS (Geographic Information System) rappresenta un insieme complesso di componenti hardware, software, ma anche umane ed intellettive, attraverso cui è possibile acquisire, immagazzinare, processare, analizzare, visualizzare e restituire informazioni derivanti da dati geografici.

Caratteristica del GIS è la capacità di georeferenziare i dati, ovvero di attribuire ad ogni elemento le sue coordinate spaziali reali. Questa procedura permette di posizionare, mediante punti a coordinate note, i dati spaziali nella rispettiva zona del territorio reale, seguendo un determinato sistema di riferimento, cioè quello in cui è realmente situato l’oggetto.

Sfruttando le risorse fornite da questo strumento, il team dell’associazione ha realizzato un progetto di ricerca, tutt’ora in corso, mirato alla realizzazione di una piattaforma digitale capace di archiviare, gestire ed analizzare, su base geospaziale, i dati di interesse archeologico relativi al territorio di c.da Cugno Case Vecchie (Noto, SR) e delle aree limitrofe.  Il risultato è stato la creazione di un prodotto utile sia in ambito scientifico, che nella pianificazione dello sviluppo rurale.  Attualmente sono state registrate più di 300 evidenze archeologiche rupestri di carattere abitativo, produttivo e funerario, distribuite su circa 90 ettari di territorio. A tale operazione è seguita la realizzazione di numerose carte tematiche per singole fasi storiche, per tipologie di strutture e rinvenimenti, nonché su problematiche specifiche (topografiche, insediative, etc.) emerse durante lo svolgimento dei lavori. Attraverso sistemi di datazione multilivello, si stanno affrontando e cercando di risolvere fondamentali questioni cronologiche, di riutilizzo e di rifunzionalizzazione, delle numerose evidenze archeologiche che caratterizzano questo sito.

La futura creazione di un WebGIS, offrirà importanti contributi nel campo della tutela e pianificazione territoriale a quanti, Soprintendenza ed Enti per lo sviluppo rurale, operano quotidianamente sul territorio.

In linea con il Piano Strategico per il turismo 2017-2023, in cui «delocalizzazione» e «destagionalizzazione» rappresentano le sfide principali, Cugno Case Vecchie si pone infatti come una “destinazione emergente” indirizzata verso una forma di turismo sostenibile che privilegia luoghi minori e aree rurali. Pertanto, tale territorio necessita di una concreta attività di valorizzazione e presentazione al vasto pubblico (comunità locale, turista di passaggio, etc.), in maniera tale che esso impari ad apprezzare, rispettare e difendere un Patrimonio sentito come bene proprio e dell’umanità tutta.
Un progetto ambizioso, dunque, che crede nell’importanza e nel ruolo strategico che il Cultural Heritage deve giocare nella pianificazione del futuro delle comunità locali.

FUMETTO

Cugno Case Vecchie è stato anche il sito che ha ispirato la creazione del fumetto Plinio. Storia naturale di Cugno Case Vecchie (Noto, SR). Tale prodotto si inserisce pienamente nella strategia adottata dal team dell’associazione, orientata verso una comunicazione culturale efficace, multiforme e declinata secondo le diverse categorie di utenti. Plinio è un giovane naturalista che ama passeggiare, nuotare, immergersi, volare ma soprattutto leggere la natura. Ogni dettaglio, forma e presenza diventano, per Plinio, un indizio e una chiave di lettura per la comprensione degli eventi naturali passati e presenti. Le informazioni provenienti dal passato si devono allo studio delle rocce; in particolare alcune di queste rocce sono caratterizzate dalla presenza di fossili che permettono di datare le formazioni rocciose che li contengono e risalire agli ambienti in cui esse si sono formate. E proprio i fossili ci dicono che l’area attualmente occupata dalla Sicilia, nell’intervallo temporale fra i 260 milioni e i 6,5 milioni di anni era caratterizzata da un dominio marino. Solo dopo i 6,6 milioni di anni cominciarono ad emergere porzioni di territori sempre più vaste. Il nostro racconto inizia quando la Sicilia era il fondo di un mare e in parte ancora in soluzione nell’acqua di mare. Le scienze, a partire da quelle naturali, biologiche e geologiche, dovrebbero aprirsi a un dialogo con il grande pubblico e a buon ragione il fumetto, come genere letterario, potrebbe diventare uno dei veicoli elettivi per la diffusione di una coscienza ecologica verso la natura sempre più cagionevole e aggredita ferocemente dal genere umano. Il fumetto vuole essere un mezzo per avvicinare chiunque alle tematiche naturalistiche ed è stato ispirato da un progetto del Consiglio Nazionale delle Ricerche dal nome Comics & Science il quale propone una divulgazione scientifica, a fumetti, dei principali temi delle Scienze fisiche e matematiche.

8/8